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BASE / Progetti per l'arte presenta venerdì 9 marzo dalle ore 18 la mostra di Jonathan Monk appositamente concepita per lo spazio dal titolo Rosso che, come dice l'artista: è costituita da tre lavori in rosso o da tre lavori che usano il rosso.

_A wax work model of my foot painted to look like my mother's foot. Per quest'opera ho fatto realizzare il modello in cera del mio piede da Madame Tussauds a Londra con le unghie dipinte di rosso come quelle di mia madre… Il piede starà sul pavimento con una gamba di pantalone jeans che scende dal soffitto… un pò nello stile di Luciano Fabro.

_Rose Coloured Glasses.

È la cartolina del primo piano delle labbra di Pino Pascali appesa al muro con delle spille rosse che sembreranno degli occhi.

_The height of my son when he is sitting on his father's shoulders. Il terzo lavoro è l'altezza di mio figlio quando sta sulle spalle del padre. Questa misura sarà trasposta all'interno della seconda stanza dello spazio di BASE attraverso un'apparecchiatura che viene usata nelle costruzioni per segnare una linea esatta con il laser. Questo lavoro, nato per quest'occasione, continuerà negli anni successivi… il segno crescerà in altezza fino a quando non sarò più in grado di sollevare mio figlio sulle spalle…

Jonathan Monk, (*Leicester, Gran Bretagna, 1969) vive e lavora a Berlino. Utilizzando diversi media come video, film, performance, fotografia, si riappropria dei processi e delle pratiche artistiche concettuali degli anni ’60 per riflettere su cosa intendiamo oggi per opera d’arte e interrogarsi sull’attuale ruolo e identità del soggetto sia come artista che come spettatore. Infatti, quando ri-fotografa oggi il Sunset Boulevard di Los Angeles come nel lavoro di Ed Ruscha o si vuol recare ai sette laghi di Badir A Mir, in mezzo al deserto nell'ovest dell'Afghanistan dove Alighiero Boetti voleva che fossero disperse le sue ceneri, tenta di assumere in prima persona il punto di vista e il rapporto stabilito da quell'artista con quel luogo e con la sua personale idea di esperienza ed idea artistica. Non è un approccio formalistico e non c’è malinconia nell’atteggiamento di Monk con cui mette in discussione il concetto di originalità e che lo porta a porre in primo piano il “processo” rispetto all’oggetto artistico in sè. Così il mettere in relazione la sua autobiografia fatta di quotidianità con i miti della storia dell’arte da Duchamp a Sol Le Witt, da Gilbert & George a Dan Graham, da Boetti a Bruce Nauman, è finalizzata ad annullare la distanza temporale con quelle opere del passato e a concretizzare “l'istante della fruizione”. Con le sue opere il passato perde la sua dimensione di consequenzialit‡ lineare e ricostruita a posteriori per rendersi tempo presente, il tempo dell’esperienza. In alcuni casi le sue opere arrivano ad aprire una nuova temporalità come con le sue scritte: testi in cui promette o annuncia un appuntamento al pubblico o al collezionista in un futuro prossimo, in un luogo preciso, ad un'ora precisa. Tra le sue numerose mostre internazionali a cui ha partecipato ricordiamo: la personale in corso LIRA Hotel da Sonia Rosso a Torino; Second Hand, Lisson Gallery, Londra nel 2006; Continuous Project Altered Daily, ICA, Londra, nel 2005; Untitled and Unfinished (Afghanistan), Accademia Britannica, Roma, nel 2005; Small fires burning (after Ed Ruscha after Bruce Nauman after), Grazer Kunstverein, Graz, nel 2003.

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Jonathan Monk
ROSSO
Ko-Kurator: Lorenzo Bruni