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Il prossimo 8 maggio la Galleria dell’Accademia di Firenze inaugura la prima grande mostra monografica dedicata a Lorenzo Monaco, frate e pittore, protagonista di primo piano dell’arte tardogotica in Italia, ben conosciuto ed apprezzato dagli specialisti, ma che ancora attende la giusta consacrazione del vasto pubblico dei nostri giorni.

La mostra, promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dalla Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Fiorentino, dalla Galleria dell’Accademia e dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, curata da Angelo Tartuferi non poteva avere sede più adeguata poiché la Galleria dell’Accademia annovera nelle sue collezioni ben diciotto tavole, singole o elementi superstiti di complessi più vasti, attribuibili con certezza a Lorenzo Monaco: si tratta di gran lunga del nucleo più numeroso rispetto a quello di ogni altra raccolta al mondo.

Vale la pena, inoltre, sottolineare che, come in tutte le mostre di sicuro taglio scientifico, si può seguire l’intero percorso stilistico e cronologico dell’artista attraverso i dipinti più significativi e qualitativamente più rilevanti.

Il pittore, nato nel 1370 circa, vestì l’abito di frate camaldolese come Don Lorenzo nel convento di Santa Maria degli Angeli a Firenze. Egli operò, con piena consapevolezza, in uno dei periodi più vitali e creativi dell’arte italiana, rapportandosi in maniera costante con i protagonisti principali della scena artistica fiorentina.

Se la sua arte lo contraddistingue come il più degno e conclusivo erede della tradizione giottesca sul finire del XIV secolo, il pittore operò negli anni della sua maturità mentre alcuni dei protagonisti della prima generazione artistica rinascimentale esprimevano le loro prime prove; ricordiamo Lorenzo Ghiberti, Filippo Brunelleschi, Masolino da Panicale, Masaccio e, su tutti, il Beato Angelico, l’altro grandissimo frate e pittore che probabilmente dovette in massima parte al camaldolese la sua formazione artistica, ma che, d’altro lato, ne ha oscurato inevitabilmente il ruolo storico.

E’ di fondamentale importanza tener conto del contesto monastico in cui Don Lorenzo di Giovanni andò operando, per comprendere la profonda intensa spiritualità che caratterizza le sue opere. Le scelte artistiche operate da Lorenzo Monaco, come da tempo gli studiosi sottolineano, erano dettate dall’esigenza di dare visibilità ampia e puntuale agli orientamenti spirituali dell’Ordine Camaldolese. I suoi dipinti lo esprimono in molteplici aspetti ed in particolare nel timbro cromatico - che predilige colori chiari e freddi, di estrema raffinatezza, stesi con particolari preziosi effetti di cangiantismo -, nella raffinatezza delle finiture e delle decorazioni marginali.

Ma è il disegno impareggiabile, duttile e raffinato, il vero tratto distintivo dell’arte del maestro camaldolese, che raggiunse vertici di fantasia accesa e sbrigliata, soprattutto nella fase matura della sua attività, tali da garantirgli un ruolo di primissimo piano nel contesto della variegatissima e contraddittoria civiltà figurativa tardogotica toscana.

Una delle principali attrattive della mostra è costituita dalle molte ricomposizioni di complessi più o meno grandi che sono andati dispersi in epoche diverse, i cui elementi sono pervenuti da collezioni pubbliche e private di mezzo mondo. Si tratta di occasioni irripetibili per studiosi di ambito internazionale.

Si comincia dalla predella di un trittico che fu dipinto per la cappella Nobili nel Capitolo di Santa Maria degli Angeli nel 1387-1388, eseguita in massima parte dal giovane Lorenzo Monaco mentre si trovava ancora nella bottega di Agnolo Gaddi, cui spetta l’esecuzione delle parti principali dell’opera; ancora, si è potuto ricomporre invece quasi per intero un altro complesso d’altare che il pittore dipinse ormai verso i trenta anni d’età, per una cappella di patronato Ardinghelli in Santa Maria del Carmine a Firenze, per il quale disponiamo anche dei documenti di pagamento degli anni 1398-1400.

In questa fase il pittore dimostra di essere partecipe dell’importante parentesi neogiottesca, che investì larghi strati della pittura fiorentina nel periodo 1380-1410, espressa anche nell’Orazione nell’ Orto (Galleria dell’Accademia), dove tuttavia è già possibile intravedere i segni della svolta gotica del grande artista realizzatasi intorno alla metà del primo decennio e documentata in opere fondamentali quali il Cristo in pietà con i simboli della Passione (Galleria dell’Accademia) e il trittico della Pinacoteca di Empoli, entrambe riferibili al 1404.

Questa profonda, repentina evoluzione stilistica in senso gotico del pittore è, a ben vedere, tuttora avvolta nel mistero, dal punto di vista critico e non può essere legata solo all’influenza di Lorenzo Ghiberti o di un altro grande pittore, Gherardo di Jacopo, detto Starnina, rientrato all’ inizio del Quattrocento da un soggiorno in Spagna.

In un certo senso, e in maniera abbastanza inaspettata, un religioso dedito al mestiere del pittore – dal quale ci si sarebbe potuti aspettare forse una tendenza al conservatorismo – ‘inventò’ un suo stile, affidato ad un linguaggio assolutamente inconfondibile, completamente diverso da quello dei suoi colleghi. Un linguaggio che egli seppe tradurre, con inalterata bellezza e qualità, sulle pagine dei molti codici miniati che ebbe l’incarico di decorare per il suo ordine monastico. I capolavori di questa sezione fondamentale della mostra sono i cinque imponenti corali della Biblioteca Mediceo Laurenziana di Firenze, decorati da Lorenzo Monaco e dai suoi aiuti per il Monastero di Santa Maria degli Angeli in un ampio arco temporale.

Accanto ad ognuno di essi saranno esposte, per la prima volta, le iniziali ritagliate che furono asportate da essi perlopiù nel XIX secolo, oggi disperse in varie collezioni pubbliche e private nel mondo.

Tra i capolavori in mostra ricordiamo inoltre il bellissimo Compiantosul Cristo morto della Galleria Nazionale di Praga, prodigiosa virtuosistica prova di verticalismo compositivo, che anticipa le creazioni più fantastiche di Giovanni di Paolo a Siena; la solenne pala raffigurante la Madonna col Bambino, opera della piena maturità del pittore, pervenuta dalla National Gallery of Art di Washington, recante la data del 1413.

Ancora segnaliamo preziose e ‘uniche’ ricomposizioni - occasioni irripetibili per gli studiosi di tutto il mondo - come quella del singolare trittico recante al centro la Crocifissione del Museo Bandini a Fiesole e per laterali il San Francesco che riceve le stimmate del Rijksmuseum di Amsterdam e i Funerali di San Francesco della Galleria Pallavicini a Roma.

Non dimentichiamo il frammento inedito di un Sant’Antonio Abate, scoperto in una raccolta privata inglese, celato da una ridipintura, che una volta rimossa ha rivelato un inedito brano di notevolissima qualità, certamente autografo del grande artista e riferibile al 1415-1420; il prezioso dittichetto ‘da viaggio’ composto da due superbi dipinti ognuno di circa 23 centimetri per 18, raffiguranti la Madonna dell’Umiltà, appartenente al Museo Thorvaldsen di Copenhagen; un indimenticabile San Girolamo nello studio del Rijksmuseum di Amsterdam.

La fase estrema dell’attività dell’artista è testimoniata da capolavori assoluti quali l’Adorazione dei Magi della Galleria degli Uffizi o lo stupefacente disegno su pergamena acquerellato con un fiabesco, irreale Viaggio dei Magi, appartenente al Gabinetto dei Disegni dei Musei di Berlino.

Il testamento artistico di Don Lorenzo è affidato alle tre tavole di predella del Museo di San Marco a Firenze, raffiguranti la Natività, il Miracolo di San Nicola e la Storia di Sant’Onofrio, eseguite con relative cuspidi con il Cristo risorto, il Noli me tangere e le Marie al Sepolcro, per una pala d’ altare commissionata dal potentissimo Palla di Onofrio Strozzi (lo stesso committente della celeberrima pala di Gentile da Fabriano con l’Adorazione dei Magi conservata agli Uffizi) che, lasciata incompiuta da Lorenzo Monaco quasi certamente per il sopraggiungere della morte, fu ultimata nella parte centrale dal Beato Angelico con la Deposizione di Croce.

Sono alcuni capolavori del giovane Beato Angelico a concludere la mostra, quasi a simboleggiare un ideale passaggio di consegne, apprezzabile nella Madonna dell’Umiltà con quattro angeli del Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo, il più antico capolavoro del pittore domenicano, dove appare abbastanza evidente, soprattutto nelle figure angeliche, il legame d’origine con il mondo figurativo di Lorenzo Monaco.

Infine una novità assoluta sarà rappresentata da un affresco staccato da un tabernacolo fiorentino, assai frammentario e guasto, identificato ultimamente da Miklos Boskovits come opera dell’ Angelico, esposto insieme alla sinopia relativa.

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Lorenzo Monaco dalla tradizione giottesca al Rinascimento