press release only in german

Shona Illingworth

L'installazione video Walking on letters ritrae un uomo che ha trascorso un lungo periodo di tempo in prigione. Col susseguirsi delle immagini, egli descrive gli aspetti materiali della sua cella traendoli dalla memoria con un'ossessiva aggiunta di dettagli ad ogni cambiamento. La voce del protagonista è soffocata e, mentre i diversi livelli di suono si accumulano, la descrizione diventa sempre più frammentaria, permettendo soltanto a isolati dettagli di emergere. Diventa quindi necessario leggere le labbra per potere seguire il racconto. La voce unisce le dimensioni fisiche e psicologiche dello spazio descritto.

S'intravedono coperte rivoltate, lettere e altri oggetti sparsi sul pavimento, che creano un terreno nuovo e imprevedibile su cui camminare. L'uomo, avvolto nell'oscurità, si convince che con il tempo e con la concentrazione può con i piedi "leggere" le lettere nel buio e percepire da chi sono state scritte. La cella è uno spazio persistente e opprimente; il sottile frammento di spazio tra la pianta dei piedi e i fogli al suolo diventa una liberazione temporanea. L'unica superficie fisica dello spazio visibile nel video è il pavimento.

L'opera studia a fondo la relazione tra vedere e sentire, fino a cambiare il punto di vista tra lo spazio interno della psiche e il mondo esterno della realtà fisica, concentrandosi sui punti in cui il suono e l'immagine passano tra i due. Nelle sequenze di lettura labiale, per esempio, il suono è codificato attraverso l'immagine e si riproduce come una voce interiore nella mente di colui che guarda.

Daniela Kostova

In otto minuti di proiezione del video Frame (2000), lo spettatore avrebbe il tempo di interrogarsi sull'identità della protagonista, su cosa stia facendo e soprattutto sul perché. In realtà quello che interessa è l'atto stesso del vedere, il desiderio di "guardare". Un grande riquadro nero occupa quasi per intero l'inquadratura, relegando l'immagine ai margini, trasformandola in cornice. Ciò che abitualmente si trova all'interno dell'inquadratura, e quindi viene percepito come significante, è censurato. L'immagine invece, doppiamente delimitata, non mostra chiaramente nulla, ma costringe a riflettere sui limiti della ripresa che presentando una fetta della "realtà" esclude tutto il resto. L'immagine ha la priorità su ogni altra forma di percezione a tal punto che la familiarità ai racconti che ogni giorno si vedono scorrere abitua, oltreché ad un sistema narrativo, ad un sistema della visione. L'operazione di censura infastidisce perché non consente di avere la conferma che ciò che si pensa di vedere stia realmente accadendo; inoltre alimenta il desiderio di spiare ciò che fa la protagonista senza che ci si renda conto che non fa nulla di diverso da ciò che facciamo noi.

Adrian Paci

Con il video Apparizione (2000), entrando nello spazio espositivo si sente la voce di una bambina che canta con civetteria infantile una vecchia canzone per bambini di Shkodra. Seguendo la voce lo spettatore si trova in una sala di proiezione buia alla fine dello spazio espositivo. Ma nel frattempo la bimba (la piccola Tea, figlia dell'artista) è scomparsa. Ma che cosa possiamo dire della piccola Tea? Che cosa può fare con questa canzone, e fino a che punto farà parte della cultura e della sua educazione, e ancora, quale sarà per lei il ruolo e l'importanza della tradizione del suo paese in un contesto pi vasto? La distanza fra le immagini proiettate, o in altre parole il vuoto tra di loro, diventa un significante ben appropriato, molto più importante delle immagini in sé. Ciò accade perché quel vuoto suggerisce l'inevitabile distanza sempre crescente tra lei e i suoi nonni. L'unico tratto comune (al di là del legame di sangue tra loro) si può rintracciare nella colonna sonora, che resta uguale quando si passa da un'immagine all'altra. Ma per quanto sarà così?

only in german

Shona Illingworth / Daniela Kostova / Adrian Paci
Kurator: Lino Baldini